L’orientamento psicodinamico riconosce l’esistenza di un funzionamento mentale “inconscio”, ossia non consapevole, sostenendo che emozioni, sensazioni e stati affettivi che hanno accompagnato il vissuto di eventi passati, possano influenzare inconsapevolmente il nostro comportamento attuale. Una parte fondamentale del lavoro psicoterapeutico sarà orientato pertanto a recuperare questi vissuti emozionali riportandoli alla coscienza. Solo così, infatti, questi cesseranno di condizionare la nostra vita. Il termine “psicodinamico”, deriva proprio dal pensiero di Freud, il quale descriveva l’apparato psichico come “dinamico”, ossia in costante movimento tra “interno ed esterno”, tra “conosciuto e sconosciuto”, tra “passato e presente”.
Questo tipo di psicoterapia è un percorso di analisi profonda, alla scoperta delle “diverse parti di sé”, del proprio passato e del proprio presente, del proprio mondo interno di rappresentazioni (cioè come mi immagino che dovrebbero essere le cose) e di quello esterno delle relazioni reali (cioè come sono realmente le cose).
Un concetto fondamentale della psicoterapia psicodinamica è che le esperienze infantili, insieme alle caratteristiche genetiche dell’individuo, plasmino la persona adulta. Le esperienze infantili con le figure di accudimento, infatti, vengono “interiorizzate” (potremmo dire assimilate, apprese) e riproposte nelle relazioni affettive adulte.
Winnicott (1960) sosteneva che un’incapacità da parte del genitore di comprendere e rispondere prontamente ai bisogni del bambino o la tendenza a distorcere i bisogni reali del bambino in funzione di quelli del genitore stesso, fa sì che il bambino si conformi alle aspettative dell’adulto (che però non sono le sue) e che sviluppi un “falso Sé”. In sintesi, il bambino, crescendo, diviene ciò che i genitori, ed in seguito gli altri in generale, si aspettino che divenga. Uno degli obiettivi della terapia, dunque, sarà quello di far recuperare all’individuo la propria autenticità.
Il percorso psicodinamico pertanto ha l’obiettivo di far raggiungere alla persona la propria “autenticità” e l’accettazione della propria completezza fatta di tante parti, spesso in conflitto tra loro, con lo scopo finale di una integrazione, completezza e maggiore equilibrio.